AUTORE: Valeria Palano
Qualche mese fa, a studio, è venuta Chiara. Ha 13 anni. Il suo corpo mi mostra tutti i
segnali di chiusura che lei ha nei miei confronti. Come se non bastasse, si siede di
fronte a me e si copre il volto con i capelli. Tra noi c’è un muro! Sono più spaventata di
lei, ma mi faccio coraggio. Dopo qualche minuto, chiedo alla mamma, che l’ha
accompagnata, di lasciarci e di tornare al termine dell’ora. Appena siamo sole, Chiara
mi dice: Mi dai da mangiare? Ho fame! Il nostro legame nasce da qui. Dentro questa
richiesta c’è il suo mondo, comprendo che è qui che devo stare; mi appresto ad entrarci
con le dovute cautele.
Non è solo il mondo di Chiara che si nasconde dietro il cibo; tutti noi potremmo
raccontarci attraverso le nostre esperienze alimentari, perché al di là dell’aspetto
meramente fisiologico, il mangiare è legato ai nostri modelli culturali, ai nostri valori, alle
nostre ideologie, alle nostre credenze religiose … quindi è un fenomeno fortemente
connesso ad una dimensione sociale ed emotiva.
Quando siamo innamorati il nostro stomaco si chiude. Quando siamo stressati il nostro
stomaco si apre. Se vediamo una torta o sentiamo il profumo di un sugo fatto in casa si
attivano in noi ricordi e stati d’animo: cibo e cervello stanno in una stretta connessione.
Non è un caso, quindi, che molti disturbi psichici siano legati al cibo.
In passato si faceva una macro-distinzione tra Anoressia Nervosa, Bulimia Nervosa e
Disturbi NAS. Oggi, per descrivere i comportamenti alimentari delle persone, si usa un
elenco molto più particolareggiato, ad esempio si parla di Bigoressia, Vigoressia,
Ortoressia; e poi ci sono altri disturbi, che generalmente insorgono tra l’infanzia e
l’adolescenza, come ad esempio il Picacismo, il Disturbo da ruminazione e il Disturbo
evitante restrittivo dell’assunzione di cibo.
Di seguito riporto un breve dizionario:
Anoressia Nervosa: è un disturbo dell’alimentazione caratterizzato da eccessiva preoccupazione verso
il proprio peso corporeo, dalla distorsione dell’immagine di sé e dalla restrizione dell’assunzione di cibo.
Bulimia Nervosa: è un disturbo dell’alimentazione caratterizzato da abbuffate, condotte di eliminazione
e preoccupazione per il peso e le forme del corpo.
Binge Eting Disorder (Disturbo da alimentazione incontrollata): è un disturbo dell’alimentazione
caratterizzato da ricorrenti episodi di abbuffate, effettuate in un determinato lasso di tempo, senza
condotte di eliminazione.
Vigoressia o Bigoressia: è una forma di dismorfofobia, contraddistinta dalla continua ossessione per il
tono muscolare, l’allenamento, la massa magra, una dieta ipocalorica e iperproteica e, infine, la tenuta
atletica del corpo. Forte desiderio di possedere un corpo muscoloso.
Ortoressia: è un disturbo dell’alimentazione caratterizzato dall’ossessione per l’alimentazione sana e la
progressiva eliminazione dalla propria dieta di tutti gli alimenti ritenuti pericolosi per la salute.
Picacismo: è un disturbo dell’alimentazione caratterizzato dall’ingestione di una o più sostanze non
nutritive e non alimentari (es. carta, sapone, capelli) per un periodo di almeno un mese.
Disturbo da ruminazione: è un disturbo dell’alimentazione, ripetuto per almeno un mese e caratterizzato
da rigurgito di cibo, che può essere rimasticato, deglutito nuovamente o sputato,
Disturbo evitante restrittivo dell’assunzione di cibo: è un disturbo dell’alimentazione, caratterizzato
dall’evitamento o la restrizione dell’assunzione di cibo per tre motivi principali: 1) per un apparente
mancanza d’interesse per il mangiare o per il cibo; 2) per un evitamento basato sulle caratteristiche
sensoriali del cibo; 3) per la preoccupazione per le conseguenze avversive del mangiare.
Queste definizioni non possono e non vogliono essere esaustive, ma ci aiutano ad
entrare nel vasto e complesso mondo dei disturbi alimentari, dove, ormai da decenni
ricercatori e terapeuti stanno lavorando.
In questo articolo, però, vorrei riflettere sul significato che assume il cibo per molti
ragazzi e cosa accade durante l’età adolescenziale.
Sebbene i disturbi alimentari riguardino in percentuale maggiore le ragazze, qui di
seguito parlerò al maschile, perché non è una condizione esclusiva delle femmine e
perché, negli ultimi tempi, il numero di maschi che ha un rapporto disordinato con
l’alimentazione è in aumento.
Partendo da ciò che già sappiamo, ossia che l’adolescenza è un periodo di crescita e
trasformazione, ricordiamoci che in questo periodo i ragazzi:
– cercano di sviluppare un senso di identità,
– hanno voglia e al contempo paura di diventare indipendenti e autonomi,
– vogliono sviluppare nuove relazioni interpersonali e modificare quelle in essere (per
lo più nate per volontà dei genitori),
– fanno i conti con il proprio corpo e con le sue trasformazioni.
In quest’ottica, tutto oscilla tra conflitto e controllo e il cibo non si esime da questa
dinamica. I pensieri ricorrenti sono:
– “Se controllo cosa e quanto mangio, il mio corpo non sarà più così brutto ed io sarò
accettato, apprezzato e guardato”;
– “Se mangio a dismisura, questa forte emozione che sento dentro si placherà”;
– “Se mi riempio fino a scoppiare, questo senso di vuoto si riempirà”;
– “Se la mattina non faccio colazione, andrò contro le regole e le imposizioni di questa
famiglia che mi stressa”;
– “Se non mangio, scomparirò e gli altri non mi guarderanno e non si prenderanno
gioco di me”;
– “Se non mangio, i miei genitori si preoccuperanno e continueranno a prendersi cura
di me”…
In questo modo, il cibo, che per natura dovrebbe avere una funzione di piacere, diventa
strumento di dolore e ansia, ma anche di autoregolazione dei propri stati d’animo.
Cosa fare? Intervenire in questi ambiti è sempre piuttosto complesso.
Più che mai, non siamo chiamati ad offrite soluzioni, perché rischierebbero di essere
viste come coercizioni e di non legittimare il processo di autonomia/ indipendenza verso
il quale sta andando il ragazzo; ma proviamo a mettere in campo i poteri
dell’osservazione, del dialogo e dell’ascolto che già in altre occasioni si sono dimostrati
utili.
Cerchiamo di capire cosa c’è dietro a quel rapporto disturbato con il cibo, chiediamo al
ragazzo cosa vorrebbe fare e in che modo potremmo essergli d’aiuto.
Spesso noto che quando un ragazzo è in sovrappeso, la prima cosa che si fa è quella
di recarsi da un nutrizionista o da un dietologo. Le intenzioni del genitore che compie
questo passo sono sicuramente le migliori, perché se il ragazzo dimagrirà si sentirà più
sicuro e starà meglio con sé stesso e con gli altri. Questo, effettivamente, è quello che
generalmente avviene, ma i risultati e gli effetti sono a breve temine. Al termine della
dieta dimagrante, capita sovente che il ragazzo non riesca a mantenere il peso forma
raggiunto e lo sconforto e il senso di fallimento prendono il sopravvento; il disagio
riaffiora e diventa faticoso trovare nuovamente le forze per rimettersi su una nuova
dieta. Il cibo diventa una sorta di “vorrei ma non posso” e si attiva l’altalena restrizioni /
concessioni.
Domandiamoci: cos’altro potrebbe rappresentare il cibo, al di là di questa componente
ossessiva? Ad esempio, esso, potrebbe essere valutato dal punto di visto organolettico
(sapore, odore) oppure dal punto di vista evocativo (ricordo, emozione) …quindi,
cerchiamo di non parlare sempre di diete, di regole, di peso… ma affrontiamo la
questione, anche da altre prospettive.
– Coinvolgiamo i ragazzi nella preparazione di pietanze e cibi nuovi;
– Facciamo scegliere loro alcuni menù della settimana;
– Andiamo ad acquistare alcuni cibi insieme;
– Facciamo uno dei pasti della giornata tutti insieme, senza fretta e senza discussioni;
– Mangiamo con la tv spenta;
– Consentiamo al ragazzo di inviate amici a pranzo o a cena;
– Ricordiamo i sapori di qualche pietanza assaggiata durante un viaggio;
– Pesiamo i cibi solo quando dobbiamo preparare delle ricette;
– Consentiamo al corpo di riconoscere i segnali di fame, sete e sazietà;
– Mangiamo lentamente ed aspettiamo che lo stomaco raggiunga la sensazione di
sazietà.
I disordini alimentari adolescenziali dovrebbero essere compresi all’interno di un
contesto multifattoriale che si innesca nella relazione tra il ragazzo, la sua famiglia e il
suo contesto di riferimento (amici, scuola, sport…) e che impedisce lo sviluppo di
modelli di alimentazione adeguati. Oltre che sul cibo, agiamo, anche su altre dimensioni
che attivano la sfera del piacere e che consentano al ragazzo di compiere scelte in
autonomia e di avere un controllo su alcuni degli spetti della sua vita.
One Reply to “Oggi ho fame, me lo posso permettere? Il rapporto con il cibo in età adolescenziale”
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