Il lavoro minorile inCina

La Cina attualmente è uno dei paesi con un ritmo di crescita vertiginoso, ampiamente superiore al tasso mondiale. Per quanto riguarda alcuni indicatori sociali, come la salute e l’istruzione, esso si situa nella categoria dei paesi a medio reddito. La speranza di vita alla nascita (71 anni), il tasso di alfabetismo della popolazione adulta (84%), il tasso di mortalità infantile (30 per mille), lo collocano sullo stesso piano della media dei paesi dell’Asia orientale, e mostrano un livello di sviluppo umano superiore a quello dell’India.

L’aumento spettacolare del ritmo di crescita, però, è reso possibile anche grazie al contributo determinante del lavoro dei minori. L’Unicef ha calcolato che più del 30% dei redditi familiari cinesi sono assicurati dal lavoro infantile Una ricerca recente dal China Labour Watch stima che siano almeno 600 mila gli adolescenti costretti dalle famiglie povere o poverissime a cercare un’assunzione specie nelle piccole aziende tessili, meccaniche e chimiche. Le mansioni alle quali sono sottoposti questi giovanissimi lavoratori sono pesantissime e le paghe non superano i 500 yuan (50 euro), per 10 o 12 ore di lavoro, tutti i giorni, in ambienti malsani e inquinati.

Nonostante i tentativi di arginare e controllare questo fenomeno da parte delle istituzioni, in pratica esistono parecchie scorciatoie che consentono all’imprenditore di cavarsela: 1) la più diffusa è la corruzione, si pagano gli ufficiali e questi avvertono in anticipo sulle date delle “visite” di monitoraggio da parte delle agenzie; 2) poi si chiudono, o a chiave o con lucchettoni, i capannoni dove lavorano i bambini, i quali hanno il permesso di uscire soltanto a buio inoltrato così da non attirare le attenzioni di chi controlla o di chi transita nella zona della fabbrica; 3) infine si gioca a scaricabarile fra le autorità, un balletto che sembra studiato apposta per allungare i tempi delle indagini e fare calare la nebbia sui casi eventualmente scoperti.

Tra le situazioni più sconcertanti ci sono quelle riscontrate in fabbriche regolarmente accreditate per la realizzazione di gadget legati alle Olimpiadi di Pechino: un rapporto del cartello sindacale “PlayFair 2008”, sigla che si traduce in “Gioca lealmente 2008”, promossa e sostenuta dai sindacati occidentali dei lavoratori tessili e dall’ong umanitaria Clean Clothes, ha messo in luce un quadro disperante: bambini e bambine hanno appena 12 anni e sono già alla catena di montaggio, una fabbrica di oggetti di cancelleria impiega venti bambini che ha ingaggiato durante le vacanze scolastiche: lavorano dalle 7.30 del mattino alle 22.30, con gli stessi ritmi degli adulti, spesso sono obbligati a fare straordinari non remunerati, la paga è di circa 32 yuan al giorno (3,2 euro). Un giro d’affari di 70 milioni di dollari che ha visto coinvolte quattro aziende del sud del paese. A seguito della denuncia, il Comitato olimpico locale ha annunciato la revoca delle licenze alle ditte incriminate.

Questa circostanza particolare non costituisce tuttavia un’eccezione, ma conferma la regola della dilagante condizione di ipersfruttamento a danno di minori in Cina. Lo dimostrano migliaia di altri casi venuti alla luce. Non da ultimo quello delle fabbriche di mattoni nello Shanxi e nell’Henan, dove erano occupati bambini adescati con promesse di lavoro e ridotti in schiavitù, sottonutriti e ustionati dai mattoni bollenti. Pechino ha immediatamente ordinato misure di eccezionale severità, compreso l’arresto, contro polizia, ispettori del lavoro e autorità locali che non sono intervenuti, e sospetta gravi collusioni.

Non sono esenti da queste pratiche anche le multinazionali occidentali, che cercano in Cina manodopera a buon mercato. E’ il caso della Wal-Mart, la grande catena di ipermercati americani, più volte sotto inchiesta per l’impiego di minori in lavori pericolosi. La fabbrica cinese He Yi Dingguan, che costruisce giocattoli per conto della Walt Disney, è stata al centro di un grosso scandalo (i “giocattoli della miseria”) per le indecenti condizioni di lavoro cui sottoponeva il suo personale, compreso quello minorenne.
Si è scoperto che una modalità ampiamente utilizzata per sfruttare il lavoro dei bambini è camuffarlo da apprendistato organizzato dalle scuole: un ragazzo di 15 anni, ha rivelato che la sua scuola tecnica lo ha portato insieme con altri 40 studenti (alcuni di soli 13 anni) a lavorare in una fabbrica elettronica di Shenzhen. Salario: dai 600 agli 800 yuan (60-80 euro) al mese per lavorare dall’alba a mezzanotte, e dormire stipati in 12 per stanza. Nel 2001, 42 bambini delle elementari morirono nel rogo di una scuola dello Jianxi. L’incendio era scoppiato perché quella in realtà non era una scuola ma una fabbrica di fuochi d’artificio.

La Cina, insieme con altri Stati dell’Asia meridionale, ha registrato in questi ultimi anni una delle più basse variazioni percentuali per quanto riguarda la diminuzione del suo tasso di lavoro minorile (-32%). Un record negativo se si mette a confronto questa variazione con quelle di altre aree geopolitiche e, in particolare, con quella dell’Asia orientale (-70%).

I baby schiavi di Pechino 2008, così nascono i gadget olimpici. Federico Rampini, Repubblica 12 giugno 2007

Schiavi si nasce. I minori che lavorano

Piccoli infaticabili lavoratori

China Labor Watch

Clean Clothes Campaign

Lascia un commento