La scelta della scuola superiore

Preadolescenza: la scelta della scuola superiore

di Monya Ferritti

La scelta di proseguire il percorso di studi, nel sistema delle scuole secondarie di secondo grado o nel sistema di istruzione e formazione professionale (di competenza regionale), rappresenta, per i quattordicenni che frequentano l’ultimo anno delle medie, un passaggio cruciale destinato a condizionare la carriera scolastica e lavorativa.

Gli impegni internazionali, il trattato di Lisbona prima e la strategia UE 2020 dopo, definiscono molto dettagliatamente quali debbano essere, a livello europeo, gli obiettivi e gli indicatori relativi al settore istruzione e formazione:

  • non più del 10% dei giovani in età compresa tra i 18 e i 24 anni con la sola licenza media inferiore;
  • almeno l’85% per cento dei giovani in età compresa tra i 18 e i 24 anni che devono aver completato le scuole secondarie superiori;
  • un tasso di abbandono scolastico uguale o inferiore al 10%;
  • un tasso di giovani laureati di almeno il 40%.

L’Italia registra un significativo ritardo su questi indicatori, rispetto ai principali paesi europei, soprattutto in relazione al dato sull’abbandono scolastico prima del conseguimento del diploma di maturità e all’incidenza, molto bassa, della popolazione laureata anche tra i giovani.

Infatti (fonte Eurostat 2008) quasi il 20% dei giovani italiani fra i 18 e i 24 anni ha conseguito la sola licenzia media (a fronte di un obiettivo al 10%) e la percentuale di giovani, stessa fascia di età, che hanno conseguito il diploma di scuola secondaria superiore si ferma al 76,5% (85,0%, come abbiamo appena visto è l’indicatore definito dal trattato di Lisbona).

La letteratura sul tema fa emergere quanto, in Italia, l’incidenza della situazione familiare sia determinante nella carriera scolastica di un individuo e correla insuccesso scolastico e scelta di indirizzo della scuola superiore. Se si ritiene, infatti, che la scelta debba essere quasi esclusivamente legata al merito, solo gli studenti più brillanti – e che hanno una carriera scolastica di successo e sono usciti con un voto alto dall’esame di stato di terza media – dovrebbero scegliere di affrontare un liceo. Questo non sempre accade. A partire dal giudizio di orientamento espresso dagli insegnanti prima della pre-iscrizione alle scuole superiori, che tiene conto delle capacità individuali dello studente e della votazione globale, ma è influenzato anche dall’ambiente culturale di provenienza del ragazzo. A questo si deve aggiungere che, spesso, le famiglie con un livello di istruzione più elevato, tendono a confermare o, se necessario, a modificare verso l’alto il suggerimento orientativo degli insegnanti delle medie all’atto dell’iscrizione, qualsiasi sia stato l’esito degli esami di stato; mentre, le famiglie con un minor livello di istruzione, tendono a modificare verso il basso a settembre la precedente scelta effettuata alla pre-iscrizione se gli esiti degli esami di stato non sono stati confortanti. Ciò a conferma del fatto che le influenze familiari hanno maggiore peso quanto più è precoce la scelta del percorso di studi.

Infatti la connessione tra la scelta della scuola superiore e il titolo di studio dei genitori, rilevata anche dall’Istat nella “IV Indagine sui percorsi di studio e di lavoro dei diplomati” (2007), indica che oltre il 76% dei ragazzi che si sono diplomati in un istituto professionale o tecnico hanno il padre (o la madre) con un basso titolo di studio (licenza elementare o nessun titolo).

Altro scenario, se si pone come variabile la laurea di uno o entrambi i genitori: se uno dei due genitori è laureato oltre il 75% dei ragazzi completa un corso di studi liceale (classico, scientifico, linguistico, socio-psico-pedagogico). La scelta della maturità liceale condiziona fortemente la probabilità di proseguire gli studi all’università e dunque di condizionare il proprio percorso professionale (e reddituale).

In sintesi, si determina un quadro sociale in cui un 14enne, che abbia almeno uno dei due genitori laureati, avrà il 25% delle probabilità in più di scegliere un percorso liceale rispetto al suo coetaneo che abbia i genitori diplomati (Ballarino, Checchi, Sistema scolastico e disuguaglianza sociale, il Mulino, Bologna 2006). Poiché anche la percentuale di studenti liceali, che poi proseguiranno gli studi alle università, è sensibilmente maggiore degli studenti degli istituti tecnici, per non dire di quelli iscritti agli istituti professionali, sembra evidente che la scelta fatta in terza media, a soli 14 anni, determina pesantemente il percorso di vita e si sostanzia, inoltre, in una mancata opportunità non solo di crescita formativa individuale ma anche collettiva poiché si tengono fuori dai processi formativi, con difficilissime possibilità di recupero, molti ragazzi che avrebbero sicuramente potenzialità.

È importante in questa analisi tenere conto, inoltre, di quanto le risorse finanziarie e gli strumenti culturali delle famiglie (l’accesso alle lezioni private, la disponibilità di libri o l’accesso a internet) influenzino la formazione degli studenti grazie alla disponibilità di risorse aggiuntive rispetto a quelle scolastiche.

Di contro anche gli abbandoni scolastici (e il non rispetto del diritto-dovere all’istruzione fino al 18mo anno di età) sono fortemente condizionati dalle situazioni economiche delle famiglie: da un lato, infatti, le competenze più basse aumentano la probabilità di insuccessi scolastici e, in ultima analisi, l’abbandono precoce del percorso di studi e l’esigenza di integrare il reddito familiare spingono i ragazzi all’inserimento lavorativo precoce.

La famiglia, però, non influenza solo il percorso di studi ma determina anche il successo scolastico dei propri figli: se in una famiglia l’accesso ai livelli più alti dell’istruzione è un valore, questo viene introiettato dai figli e dunque viene anche valorizzata l’energia spesa nello studio. Ciò si deve poi sommare all’effetto di imitazione e di adeguatezza: il ragazzo proveniente da una famiglia in cui i genitori (o addirittura i nonni) sono laureati ha in definitiva scarse probabilità di conseguire un diploma presso un istituto professionale e seguirà verosimilmente una scelta liceale.

Anche il voto di uscita all’esame di stato è influenzato dall’ambiente familiare e la probabilità di precoce abbandono scolastico è assolutamente residuale in un contesto di elevata istruzione (la tendenza al completamento del corso di studi prosegue fino agli studi universitari).

Nello studio di Ballarino, Checchi, Fiorio e Leonardi, (Le disuguaglianze nell’accesso all’istruzione in Italia, 2009) si prendono in esame alcuni accorgimenti per ridurre le disuguaglianze di opportunità fin qui messe in evidenza. Tra queste:

  • il rinforzo e, dunque, l’accesso precoce dei bambini all’istruzione pre-scolastica;
  • l’ampliamento del monte ore-scuola sia su base giornaliera che annuale;
  • il rinvio della scelta del percorso scolastico a 16 anni di età;
  • test vincolanti per l’ammissione degli studenti ai percorsi liceali (percorso meritocratico).

In conclusione, i suggerimenti di policy, dovrebbero contribuire a compensare i deficit di partenza e riequilibrare la relazione tra  condizione sociale e istruzione. Infatti l’accesso ai gradi più alti dell’istruzione dovrebbe essere legato, secondo gli autori, solo alle reali capacità dell’individuo e una maggiore istruzione dovrebbe essere fortemente in relazione alla tipologia di professione.

La scuola è però il canale dentro al quale si dovrebbe realizzare l’ascensore sociale e contribuire, dunque, alla trasformazione delle probabilità (di accesso ai livelli più alti di istruzione) in reali possibilità per i ragazzi provenienti dagli strati più bassi della popolazione, a partire dal garantire un’istruzione obbligatoria uguale e di qualità per tutti.

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