La gelosia

Immagine per l'articolo La gelosia di Valeria Palano

AUTRICE: Valeria Palano, psicologa psicoterapeuta

Dopo aver parlato della Vergogna e della Noia in due articoli precedenti, oggi vorrei riflettere su un’altra emozione interessante: la Gelosia, uno stato d’animo che appartiene a ciascun essere umano, ma che nel periodo dell’adolescenza, vive uno dei suoi momenti di gloria.

La Gelosia: un’emozione e non un tratto di personalità

Spesso, i fatti di cronaca ci mettono di fronte a episodi di violenza inaudita ed efferata perpetrati in nome della “Gelosia” ed è forse per questo motivo che abbiamo imparato a negare questa emozione, come fosse una condizione umana di cui vergognarsi.

Ti consideri una persona gelosa?

No, assolutamente, io non sono geloso!”

ma in quest’ottica, la gelosia viene descritta come un tratto di personalità (“Essere gelosi”) e non come un’emozione (“Sentirsi gelosi”) che si attiva momentaneamente, in risposta ad uno stimolo e che diminuisce di intensità non appena nella mente, nella psiche e nell’organismo si ricrea una condizione di equilibrio.

La Gelosia: messaggera del nostro intuito

Come tutte le emozioni, la gelosia ha una sua utilità, perché ci mette in allerta, nel momento in cui abbiamo la sensazione di “perdere una priorità acquisita”!

La prima forma di gelosia che l’essere umano sperimenta è nella fase edipica, quando il genitore di sesso opposto diventa un rivale, perché viene vissuto come una minaccia, che allontana dal “genitore amato”.

Altro momento critico (per chi lo sperimenta) è l’arrivo di un fratellino o di una sorellina, che separa dalle cure e attenzioni, finora esclusive, dei genitori.

Poi, la gelosia cresce con noi, esce di casa e ci accompagna in tante altre situazioni sociali, quali la scuola, lo sport, il gruppo dei pari, il lavoro…e si fa largo con la competizione.

La Gelosia e le strutture di personalità su cui poggia

Come sappiamo, le emozioni non viaggiano mai da sole e quando la Gelosia si attiva, chiama i rinforzi, convocando la Paura e la Rabbia: la prima fa provare la sensazione di rimanere soli e/o di non essere all’altezza, la seconda, invece, fa agire. È proprio questa azione (es. ritiro sociale, compiacenza, aggressività, regressioni…), più o meno matura e confacente al contesto, e la successiva risposta dell’ambiente, che determinano la costruzione degli schemi comportamentali e delle convinzioni dell’individuo.

Quando poggia su una struttura di personalità salda ed equilibrata, la gelosia è un’emozione utile, che “vigila” sulla stabilità delle relazioni sociali più intime; aiuta a identificare ciò che apprezziamo e a sviluppare con esso delle connessioni (es. Sono geloso della mia casa e quindi la proteggo affinché non entrino i ladri…. Sono gelosa/o del/la mio/a compagno/a e quindi lo/la proteggo, mi prendo cura di lui/lei, affinché il nostro stare insieme funzioni e sia sintomo di complicità e reciprocità…). Se agisce correttamente, la gelosia funziona come un radar, che cerca di tutelare i confini del Sé e della relazione, aiutando a scegliere e a conservare accanto a sé compagni e amici fidati.

Le cose purtroppo prendono un’altra piega quando la gelosia si poggia su una struttura di personalità scompensata e patologica, dove rischia di diventare il radar di un Ego ipertrofico, che cerca di nascondere le proprie insicurezze. La persona amata diventa una proprietà, un “oggetto” su cui nessuno può mettere le mani; perderla significherebbe sperimentare stati di vergogna, imbarazzo, umiliazione e per evitare che questo accada si diventa sospettosi, paranoici, controllanti e violenti.  Questo succede quando Narciso prende il posto di Psiche, tutelando l’esclusivo amore per sé stessi, senza vedere l’Altro.

In una famosa canzone di Adriano Celentano “GELOSIA”, il cantautore dice:

” Mi sento un uomo che vivrà nel suo dolore

…eppure, mi sento forte

…sarà perché non odio mai!”

Il protagonista della canzone, pur soffrendo per essere stato tradito dalla sua compagna, non è accecato dall’odio e dal rancore…perché?  

La Gelosia, l’adolescenza e la regolazione delle emozioni

…Perché ha un’adeguata regolazione delle sue emozioni, ed è capace di riconoscere il significato emotivo degli eventi e di scegliere/ attuare una reazione appropriata.

Questa autoregolazione, purtroppo, non funziona nei soggetti patologici, dove la relazione amorosa viene vissuta come un vero delirio, caratterizzato dalla convinzione, spesso non reale, dell’infedeltà del partner. Tutto volge intorno all’affannosa ricerca di indizi che comprovino la fondatezza dei loro sospetti (pedinamenti, interrogatori, controlli, interpretazioni deliranti…).

Pur non volendo fare alcun parallelismo con queste situazioni estreme, anche negli adolescenti il sistema di regolazione delle emozioni non è perfettamente in equilibrio a causa una condizione evolutiva ancora in essere: per questo, a volte, vivono i sentimenti e le relazioni affettive in modo sregolato e impetuoso.

Le aree cerebrali dell’adolescente sono ancora in fase di sviluppo e i tre sistemi chiave che permettono la regolazione delle emozioni (la corteccia pre-frontale per il controllo normativo, lo striato ventrale per la messa in atto di comportamenti di approccio e di ricompensa, e l’amigdala per i processi di evitamento) non hanno ancora raggiunto lo stesso livello di maturazione; per tanto, l’adolescente agisce più di impulso che di logica, sottovalutando i rischi e leggendo con poca lucidità il contesto d’azione.

I tre tipi di gelosia

La gelosia, piuttosto che una guida, diventa un mezzo per gestire il legame affettivo con il partner, attraverso tre tendenze:

  1. Tendenza a vivere con il partner un rapporto isolato ed esclusivo, fuori dal contesto socio-amicale. Questa inclinazione, tipica delle prime fasi dell’innamoramento, quando viene perpetrata nel tempo, rischia di avere la finalità di isolare il partner dal resto dei contatti, evitando così le occasioni di infedeltà, (gelosia preventiva).
  2. Tendenza a vivere come minacciosa la presenza di altre persone, perché percepite come possibili rivali. In questo caso, aleggia il fantasma del “terzo incomodo”, ossia di qualcuno che potrebbe portar via la ragazza o il ragazzo a cui l’adolescente sta rivolgendo le sue attenzioni e a cui sta parlando di sé, aprendo il suo cuore. Il presunto rivale lo fa sentire in pericolo, (gelosia reattiva).
  3. Tendenza a negare tutto quello che è avvenuto nella vita del fidanzato o della fidanzata prima che lo si incontrasse. Storie ed amori passati devono essere rimossi o quantomeno non se ne deve parlare: foto, oggetti, ricordi, narrazioni devono essere eliminati per evitare che il “passato” possa tornare minaccioso a bussare alla porta, (gelosia retrograda).

Uscendo dalla famiglia e frequentando altri contesti sociali, l’adolescente vivrà nuovi legami e conoscerà nuovi modi di amare ed essere amato: se la sua autostima e la consapevolezza di Sé saranno ben salde, questa esperienza sarà utile ed importante, sia per lui, sia per le sue relazioni future.

Narciso e il virus dell’amore

Auguriamoci, dunque, che i ragazzi non siano affetti dal “virus” dell’amore narcisistico, quello che non può sperimentare l’abbandono senza attivare il desiderio di vendetta per l’onta subita.

Per debellare questo virus l’intervento della famiglia è utile, per non dire fondamentale. Diverse ricerche, ad esempio, hanno rilevato come, chi ha sperimentato uno stile di attaccamento insicuro-ansioso, tende a provare maggiore gelosia, in quanto vive la relazione con costanti sentimenti di ansia ed eccessiva paura della perdita.  Anche chi è soggetto ad uno stile educativo iperprotettivo può lasciare spazio ad una gelosia patologica, perché non sa tollerare attenzioni più mitigate, rispetto alle cure esclusive che ha sempre ricevuto.

Bisogna fare molta attenzione che i ragazzi non perdano di vista l’Altro come soggetto degno di essere visto ed ascoltato. In una società che giorno dopo giorno diventa sempre più concentrata sulla ricerca della propria realizzazione, della propria felicità e del proprio benessere, diventa sempre più difficile posare il proprio sguardo sul partner, il quale, o assume una funzione di supporto, oppure rischia di diventare un ostacolo.

Viene da sé che due individui autocentrati al raggiungimento dei propri bisogni personali, difficilmente riescono a creare un legame di complicità.

Se l’Altro viene visto solo come lo specchio di Sé stessi, nel momento in cui si allontana, ci si sente persi e lo si accusa di essere venuto meno al patto di rispecchiamento stabilito implicitamente.

L’impegno delle famiglie diventa quello di crescere ragazzi capaci di vedere ciò che li circonda, di rimanere in contatto con la realtà e di riconoscere l’Altro come fruitore di emozioni e volontà personali, che devono essere riconosciute e rispettate.

Insegniamo ai ragazzi a conoscere la Gelosia come un’emozione vera ed utile, che non deve essere né negata né ri-vendicata con un “duello d’onore”.